Viviamo in tempi che reclamano la pace. Il Medio Oriente è nelle condizioni più instabili degli ultimi anni. La guerra in Ucraina è la più grande in Europa dalla Seconda guerra mondiale e ci sono conflitti armati in Sudan e in alcune parti dell’Africa centrale. Quasi tutti i continenti stanno vivendo un grande conflitto armato.

Il Rotary ha un ruolo vitale da svolgere nel promuovere la causa della pace – dico spesso che il Rotary deve operare per la pace con la stessa aggressività di coloro che vogliono fare la guerra. Questo è anche lo spirito contenuto nella nostra dichiarazione sulla visione: “Crediamo in un mondo dove tutti i popoli, insieme, promuovono cambiamenti positivi e duraturi nelle comunità vicine, in quelle lontane, in ognuno di noi”. Non dobbiamo mai perdere di vista quest’ultima esortazione: per realizzare il cambiamento nel mondo, dobbiamo promuovere il cambiamento in noi stessi.

Spetta a noi modellare la costruzione della pace tra di noi. Possiamo fare di meglio che mettere in dubbio le motivazioni dell’altro e saltare alla spiegazione più difficile possibile. Dopo aver ascoltato parole che potrebbero irritarci o offenderci, abbiamo l’opportunità di chiedere, con compassione e curiosità, l’intento di quelle parole offensive. E poi abbiamo un’altra opportunità per riparare la crepa.

Se vogliamo essere un faro per il mondo, dobbiamo cominciare ad esserlo gli uni con gli altri. Aiutiamoci a vicenda a trovare una maggiore comprensione e alternative produttive alle parole che causano dolore e sfiducia. E atteniamoci ai nostri princìpi, senza mai dubitare della sincerità degli uni e degli altri nel porre fine ai conflitti, non nell’infiammarli.

Mi viene in mente un discorso che il senatore americano Robert Kennedy tenne il 4 aprile 1968, quel terribile giorno in cui il reverendo Martin Luther King Jr. fu assassinato. Kennedy si trovava a Indianapolis e parlava a un pubblico in un quartiere prevalentemente afroamericano, dove la gente non sapeva ancora che il dott. King era stato ucciso.

Fu lì che divulgò la terribile notizia. Onorò il dott. King per tutto ciò che aveva fatto per la causa della giustizia e della pace. E poi condividendo le reazioni di rabbia e lutto della folla dichiarò: “A quelli tra di voi che sono neri e che sono tentati di cedere all’odio e alla sfiducia per l’ingiustizia di un tale atto, contro tutti i bianchi, posso solo dire che sento nel mio cuore lo stesso tipo di sentimento. Anche un membro della mia famiglia è stato ucciso”. Era la prima volta che parlava pubblicamente dell’assassinio del presidente John F. Kennedy. E mentre quella sera in molte città americane esplose la violenza, a Indianapolis non avvenne.

È nei momenti di crisi e di disperazione che abbiamo più bisogno di empatia. L’empatia è il più potente strumento di pace ed è fondamentale se vogliamo fare i primi coraggiosi e umili passi mentre Creiamo speranza nel mondo.