La serie di conferenze del Fiera che affronta i temi della sostenibilità, indagandone le sue molteplici sfaccettature e declinazioni, si è arricchita questa sera di un nuovo, interessante contributo.

Il prof. Maurizio Bettiga (ricercatore in biotecnologie industriali e fondatore dell’azienda svedese “EviKrets Biobased Processes Consultants”) ha portato all’attenzione del club il tema delle biotecnologie e del ruolo svolto in questo senso dall’innovazione verso il conseguimento di uno sviluppo sostenibile.

I sistemi economici mondiali, dall’inizio della prima Rivoluzione Industriale, hanno innescato e condizionato una serie di cicli biologici (primo fra tutti il ciclo del carbonio) attraverso i propri processi di produzione e consumo di beni e servizi. L’insostenibilità di questi sistemi deriva proprio dall’alterazione di questi cicli, e dalle conseguenze negative (ambientali e sociali) generate da un utilizzo irragionevole delle risorse del nostro pianeta in una logica “take, make, dispose” tipica delle economie lineari.

Ecco dunque che, al di là di un aspetto squisitamente finanziario che muove le scelte degli operatori economici, è necessario concentrare l’attenzione su temi maggiormente legati all’industria e a processi d’innovazione che consentano di conseguire performance economiche positive nel rispetto dell’ambiente e a beneficio delle comunità locali.

In tutto questo, le biotecnologie (ossia l’utilizzo di organismi viventi per la produzione di beni e servizi), proprio in virtù del loro specifico oggetto di studio, possono aprire una serie di percorsi di ricerca applicata alla produzione e fornire risposte valide per la transizione a economie sempre meno indirizzate verso il consumo di combustibili fossili e per l’adozione di percorsi di economia circolare. Si pensi, ad esempio, all’utilizzo delle biomasse, o di sostanze biologiche come la barbabietola per la produzione di energia, o ancora all’utilizzo e il riciclo dei materiali di scarto (come il siero del latte o le acque reflue) per la loro reimmissione all’interno dei processi produttivi.

Per utilizzare una citazione del nostro socio Davide Ederle, il biotecnologo deve essere capace di “trasformare l’interessantissimo in utilissimo”, ossia di trovare una leva motivazionale di carattere squisitamente economico che possa portare le imprese ad accogliere i cambiamenti proposti dalla ricerca. Ma nel farlo, è necessario anche considerare l’impatto inerente che le biotecnologie posso avere a livello sistemico. Spesso, infatti, l’adozione di una nuova tecnologia per la soluzione di un problema ambientale può avere ripercussioni negative a livello sociale, indebolendo ad esempio le economie di paesi poveri che producono le risorse surrogate.

È necessario dunque pensare ad una “giusta transizione”, ossia ad un cambiamento accompagnato da provvedimenti di carattere legislativo e di governo, che consentano di riallocare risorse per mitigare gli impatti negativi prodotti nel breve termine dal cambiamento stesso.

Al termine dell’intervento del prof. Bettiga (cui hanno fatto seguito numerose domande dei soci), il presidente Chirico ha consegnato in segno di amicizia il gagliardetto del Fiera al relatore e alla dott.ssa Paola Nardini, socia del Rotary Club di Venezia in visita al nostro club.